Il mistero dei tunisini scomparsi

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DioEsiste
view post Posted on 4/1/2012, 21:22     +1   -1




Il mistero dei tunisini scomparsi



Sbarcati a Lampedusa, identificati dai famigliari mediante i servizi tv, non danno notizie di sè ormai da mesi
MILANO - Quel video del Tg5, Mohamed Bouthouri l’avrà visto centinaia di volte. E’ un servizio che risale allo scorso marzo e riprende uno degli innumerevoli sbarchi di tunisini a Lampedusa. In quei frammenti d’immagini, Mohamed ha intravisto suo figlio Meherz, partito lo scorso 29 marzo da Sfax. Ne ha riconosciuto il volto, incastonato in un groviglio di corpi indolenziti, stipati dentro un barcone sgangherato in lento avvicinamento verso il molo dell’isola dopo quasi due giorni di traversata. Ha riconosciuto quel suo inconfondibile giubbotto grigio e i suoi jeans azzurri, gli stessi vestiti con cui, poche ore prima, l’aveva visto partire da casa alla volta del sogno europeo. Da quel momento, Mohamed ha perso ogni traccia del figlio. Mai una telefonata, mai una notizia, mai una lettera. Ha creduto che fosse morto, affogato nelle viscere del Mediterraneo. Aveva abbandonato ogni speranza, fino a quell’incredibile servizio televisivo, dove il volto di suo figlio è rispuntato miracolosamente. Come un fantasma. «Mio figlio è vivo – ripete insistentemente Mohamed – ma non so dove sia».
I volti degli immigrati scomparsi

E’ il mistero dei tunisini scomparsi, che coinvolge oltre 500 giovani partiti dalle coste nordafricane durante l’esodo primaverile. Molti di loro, probabilmente, sono morti durante la traversata, forse nel naufragio del 14 marzo. Ma sono decine (almeno venti) quelli sicuramente vivi, intravisti dai familiari nei servizi girati a Lampedusa. Sono i desaparecidos del Mediterraneo. I loro genitori vivono ancorati al ricordo dei momenti della partenza, a quegli ultimi sorrisi indimenticabili dei loro figli, indelebili nelle loro anime martoriate dal mistero. «Avevano paura di affrontare il viaggio verso Lampedusa, ma la speranza di una vita migliore li riempiva di coraggio» racconta Laifa Seuli, madre di Saber, partito il 29 marzo da Sfax. Non si dà pace neppure Faouzi Hadeji, fruttivendolo a Genova e fratello di Lamjed, partito il 29 marzo, sempre da Sfax. Anche lui ha riconosciuto suo fratello in un servizio televisivo: «Sto diventando pazzo perché ho visto mio fratello in video, a Lampedusa, ma sono nove mesi che non lo sento. Prima di imbarcarsi, mi aveva promesso che mi avrebbe raggiunto a Genova, ma non è mai arrivato. Vorrei sapere dove si trova».

La ricerca dei familiari è disperata. Una ricerca assidua, meticolosa, coordinata da Rebeh Kraiem, responsabile dell’associazione Giuseppe Verdi di Parma, dagli anni Novanta impegnata nell’integrazione della comunità tunisina in Italia. Il suo telefono ha cominciato a squillare a fine marzo. «Signora, ho visto mio figlio in televisione, può aiutarmi a cercarlo?». Da allora, Rebeh non si è fermata un attimo. Ha contattato uno ad uno i familiari dei 500 scomparsi, si è fatta inviare le foto, ha organizzato manifestazioni di sensibilizzazione, ha incontrato procuratori e agenti di polizia, ha bussato alle porte delle istituzioni italiane e dei consolati tunisini di tutta Italia, ma spesso senza fortuna. «Consoli e ambasciatore sono ancora legati al vecchio regime – spiega Rebeh –. Considerano i profughi traditori della patria e per questo non vogliono aiutarci. E’ vergognoso, trattano questi ragazzi come cani».

In segno di protesta, Rebeh ha occupato per qualche ora il consolato di Genova e promosso un presidio di due giorni sotto quello di Palermo con l’aiuto della famiglia tunisina Zahkama, molto attiva sul fronte siciliano. Gira l’Italia come una trottola grazie all’aiuto del fratello Alì. Per ottimizzare il lavoro, ha aperto una pagina Facebook dove pubblica tutti gli aggiornamenti. Un’azione impensabile, confessa, visto che «fino a marzo non sapevo neppure utilizzare il computer». Contestualmente, sull’altra sponda del Mediterraneo, i familiari dei migranti scomparsi hanno tenuto varie manifestazioni per sollecitare azioni concrete di ricerca al governo tunisino e a quello italiano.

Difficile dire dove possano trovarsi i tanti profughi scomparsi. Il sospetto è che siano dentro i Centri di Identificazione ed Espulsione con nomi falsi. «Probabilmente hanno fornito generalità false, negando di essere tunisini per evitare il rimpatrio – spiega Rebeh -. Perché non danno notizie ai familiari? Se telefonassero o scrivessero a casa, gli agenti di polizia capirebbero che sono tunisini e li rispedirebbero in patria». C’è soltanto un modo per confermare questa ipotesi: l’ingresso nei Cie dei loro familiari. Una missione apparentemente impossibile, vista la difficile accessibilità di questi luoghi, ma che potrebbe diventare realtà grazie all’audacia di Rebeh e alle sue lunghe discussioni col nuovo governo tunisino, che potrebbe organizzare per i prossimi giorni una commissione speciale che accompagnerà un gruppo di familiari dentro i Cie. Sarà una vera e propria spedizione della speranza alla ricerca dei figli perduti. Per sensibilizzare governi e opinione pubblica, il 14 gennaio sono in programma due manifestazioni, una sotto l’ambasciata tunisina di Roma, l’altra sotto il consolato di Milano.
 
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Naruto_Uchiha
view post Posted on 6/1/2012, 21:11     +1   -1




Interessante!!!! Brava Ele!!!! ;)
 
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DioEsiste
view post Posted on 7/1/2012, 10:37     +1   -1




sono scomparse delle persone che era salpate a lampedusa assurdo -.-alcuni saranno morti durante la travessata ma altriii???
 
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2 replies since 4/1/2012, 21:22   8 views
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