Il tribunale di Mantova: una bambina
non può chiamarsi Andrea
Una sentenza destinata a far discutere stabilisce che il nome Andrea è assolutamente maschile e la legge vieta di attribuire un nome che non identifichi la sessualità in modo corretto. Per una bambina di cinque anni registrata in un comune dell’Alto Mantovano dovrà essere rettificato l’atto di nascitaMANTOVA. Vietato chiamarsi Andrea. Almeno se siete cittadini italiani e la vostra nascita è stata annunciata da un bel fiocco rosa fuori dal portone di casa. Se alla voce «sesso» sbarrate la casella effe di femmina. Così ha stabilito il tribunale di Mantova (I sezione civile, presidente Mauro Bernardi). La questione investe una dimensione intima, universale, definitiva. Il nome e l’identità di chi lo indossa.
L’Andrea in questione è nata cinque anni fa a Parigi, dove tuttora vive, ma ha la cittadinanza italiana e l’atto di nascita è stato trascritto qui, in un comune del Mantovano. Senza addentrarsi troppo nella giungla delle norme e dei rimpalli consolari, è sufficiente svolgere la sequenza logica inanellata dai giudici per decidere che a una bambina non può essere attrribuito un nome di uomo.
Primo, Andrea deriva dal greco antico e indica l’uomo nella sua virilità. Della serie, più mascolino di così non ce n’è. Come se non bastasse, in Italia è indiscutibilmente un nome maschile, il terzo più diffuso, e la legge vieta di attribuire un nome che «non identifichi la sessualità in modo corretto». Banalizzando, un Carlo non potrà mai chiamarsi Carla e viceversa. A meno di un rovesciamento dell’identità, ma questo è un altro discorso. Obiezione, come la mettiamo con i Paesi dove Andrea ha valenza femminile?
Non conta, replicano i giudici. Mettendo pure tra parentesi l’evidenza che la versione francese è Andrée, resta in piedi l’esigenza di valutare la natura del nome «con riferimento alla tradizione del nostro Paese». E comunque, «nei paesi ove Andrea è usato al femminile lo stesso non può, per converso, essere attribuito al maschile». Morale, l’atto di nascita deve essere rettificato. Il sospetto, però, s’insinua nello spiraglio tra il tono (giustamente) perentorio della sentenza e la quotidianità elastica della bimba: per la legge italiana, sui documenti dovrà addolcire il nome in Andrée, ma là fuori sarà sempre e irrimediabilmente Andrea