poesie

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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 3/10/2011, 15:35     +1   -1




in questo topic possiamo sbizzarrirci a scrivere poesie nostre o di autori famosi...comincio io...

SENSAZIONE

Nelle sere blu estive andrò per i sentieri,
punto dal grano,l'erba fine calpesterò:
ne sentirò sognante il fresco sotto i piedi.
e lascierò che il vento mi bagni il capo nudo.

Non dirò una parola,non penserò niente,
ma l'amore infinitò invaderà il mio spirito
ed io,come uno zingaro,me ne andrò via,lontano
nella natura,lieto...

Rimbaud
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 3/10/2011, 16:44     +1   -1




Stanchezza e Ribellione

In preda a qualcosa..
a qualsiasi cosa
io invoco il dio di voi mortali
preso da innaturali vertigini
propongo la mia immagine
l'odio mi sovrasta
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 5/10/2011, 11:50     +1   -1




FUNERAL BLUES

Stop all the clocks, cut off the telephone,
Prevent he dog from barking with a juicy bone,
Silence the pianos and with muffled drum
Bring out the coffin, let the mourners come.

Let aeroplanes circle moaning overhead
Scribbling on the sky the message He Is Dead,
Put crêpe bows round the white necks of the public doves,
Let the traffic policemen wear black cotton gloves.

He was my North, my South, my East and West,
My working week and my Sunday rest,
My noon, my midnight, my talk, my song;
I thought that love would last for ever: I was wrong.

The stars are not wanted now: put out every one;
Pack up the moon and dismantle the sun;
Pour away the ocean and sweep up the wood;
For nothing now can ever come to any good.

(W.H. Auden)
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 5/10/2011, 15:04     +1   -1




La stella piange rosa

La stella piange rosa nel cuor delle tue orecchie,
scorre un bianco infinito dalla nuca alle reni,
il mare imperla rosso i tuoi seni vermigli,
l'uomo sanguina nero al tuo fianco sovrano.

Arthur Rimbaud
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 10/10/2011, 14:27     +1   -1




Piangere è una cosa tanto piccola
sospirare una cosa tanto breve
ma è di occupazioni di tal genere
che noi uomini e donne moriamo.


(E.Dickinson)
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 13/10/2011, 14:40     +1   -1




A riposo

Chi mi accompagnerà pei campi

Il sole si semina in diamanti
di gocciole d’acqua
sull’erba flessuosa

Resto docile
all’inclinazione
dell’universo sereno

Si dilatano le montagne
in sorsi d’ombra lilla
e vogano col cielo

Su alla volta lieve
l’incanto s’è troncato

E piombo in me

E m’oscuro in un mio nido.

Giuseppe Ungaretti
 
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Faith-Mysterion
view post Posted on 13/10/2011, 22:23     +1   -1




Se la stanca sostanza della mia carne fosse pensiero,
l'avversa distanza non arresterebbe il mio cammino;
poichè allora, nonostante lo spazio, io sarei condotto,
da confini assai lontani, fin là dove tu sei.

Non importerebbe allora se il mio piede calcasse
la più remota terra distante da te;
poichè l'agile pensiero può superare sia terra che mare
nell'attimo in cui pensa al luogo in cui vorrebbe trovarsi.

Ma, ah! Mi uccide il pensiero di non essere pensiero
per superare lunghe miglia quando tu sei via,
ma poichè di acqua e terra sono fatto,
devo sopportare l'ozio del tempo con il mio gemito,

nulla ricevendo da elementi così lenti,
se non lacrime pesanti, simbolo del tormento di entrambi....

William Shakespeare
 
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Faith-Mysterion
view post Posted on 14/10/2011, 21:44     +1   -1




La vita non è altro che un'ombra vagante:
un povero attore
che si pavoneggia
e si agita per la sua ora
sul palcoscenico,
e poi tace;
è un racconto recitato
da un idiota
gonfio di suono e di furia
che non significa nulla.

William Shakespeare

Io desidero quello che possiedo; il mio cuore, come il mare, non ha limiti e il mio amore è profondo quanto il mare: più a te ne concedo più ne possiedo, perché l'uno e l'altro sono infiniti.

William Shakespeare
 
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L ory
view post Posted on 15/10/2011, 15:04     +1   -1




Ti Ostini a truccarti pur sapendo che verrai falciata,
ti ostini a agghindarti pur sapendo che verrai falciata ,
ti ostini a truccarti pur sapendo che verrai falciata ,
ti ostini a pettinarti , pur sapendo che verrai falciata,
è orribile,
è orribile,
il momento in cui verrai falciata,
i tuoi capelli assomiglieranno a te,
priva di vita.

BLEACH MANGA NO:27
 
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view post Posted on 17/10/2011, 07:55     +1   -1
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eccola..con tanto di animazione e sottotitoli..
posto anche il testo

Quando eravamo piccoli c’era una casa strana, gli scuri erano sempre chiusi non sentivamo voci venire da dentro.
Il giardino era pieno di canne di bambù, ci divertivamo a giocare tra i bambù.
Fingevamo di essere Tarzan, anche se macava Jane,
C’era un grande stagno con i pesci rossi più grassi del mondo.
Erano pesci addomesticati.
Salivano in superficie per prendere dalle nostre mani le briciole di pane.
I nostri genitori ci avevano detto:
“Non avvicinatevi a quella casa.”
Naturalmente ci andammo.
Ci chiedevamo se qualcuno ci abitasse, passavano le settimane, ma non si vedeva nessuno, un giorno sentimmo una voce provenire dalla casa:
“Maledetta puttana!”
Era la voce di un uomo.
Poi la porta di casa si spalancò e l’uomo ne uscì.
Teneva una pinta di whisky nella mano destra.
Avrà avuto trent’anni.
Aveva un sigaro in bocca e la barba non rasata.
I suoi capelli erano ribelli e spettinati ed era scalzo in cannottiera e pantaloni.
Ma gli occhi erano luminosi.
Splendevano.
E disse:
“Signorini! Spero vi stiate divertendo.”
Poi fece una risatina e tornò nella sua casa.
Ce ne tornammo nel giardino dei miei genitori per riflettere sulla cosa.
Arrivammo alla conclusione che i nostri genitori volevano tenerci lontani da lì, perchè non volevano che vedessimo un uomo come quello: un uomo forte dagli occhi meravigliosi.
Si vergognavano di non essere come lui per questo volevano tenercene alla larga.
Ma noi tornammo a quella casa e alle canne di bambù e ai pesci addomesticati.
Tornammo tante volte e per molte settimane di seguito, ma non vedemmo nè sentimmo più quell’uomo.
Gli scuri erano chiusi come sempre e tutto era silenzioso.
Un giorno mentre tornavamo da scuola vedemmo la casa.
Era bruciata, non era rimasto niente.
Solo delle fondamenta fumanti.
Corremmo allo stagno dei pesci rossi e non c’era più l’acqua.
I grassi pesci rossi erano morti.
Tornammo al giardino dei miei a parlarne.
Secondo noi i nostri genitori avevano bruciato la casa avevano ucciso gli abitanti e avevano ucciso i pesci perchè era tutto troppo bello.
Avevano bruciato anche la foresta di bambù.
Avevano avuto paura dell’uomo dagli occhi meravigliosi.
Noi cominciammo a temere che per il resto della nostra vita sarebbero successe cose come queste, che nessuno avrebbe voluto persone belle come quell’uomo, che gli altri non lo avrebbero permesso e che molte persone sarebbero dovute morire.



when we were kids
there was a strange house
all the shades were
always
drawn
and we never heard voices
in there
and the yard was full of
bamboo
and we liked to play in
the bamboo
pretend we were
Tarzan
(although there was no
Jane).
and there was a
fish pond
a large one
full of the
fattest goldfish
you ever saw
and they were
tame.
they came to the
surface of the water
and took pieces of
bread
from our hands.

Our parents had
told us:
“never go near that
house.”
so, of course,
we went.
we wondered if anybody
liveed there.
weeks went by and we
never saw
anybody.

then one day
we heard
a voice
from the house
“YOU GOD DAMNED
WHORE!”

it was a man’s
voice.

then the screen
door
of the house was
flung open
and the man
walked
out.

he was holding a
fifth of whiskey
in his right
hand.
he was about
30.
he had a cigar
in his
mouth,
needed a shave.
his hair was
wild and
and uncombed
and he was
barefoot
in undershirt
and pants.
but his eyes
were
bright.
they blazed
with
brightness
and he said,
“hey, little
gentlemen,
having a good
time, I
hope?”

then he gave a
little laugh
and walked
back into the
house.

we left,
went back to my
parents’ yard
and thought
about it.

our parents,
we decided,
had wanted us
to stay away
from there
because they
never wanted us
to see a man
like
that,
a strong natural
man
with
beautiful
eyes.

our parents
were ashamed
that they were
not
like that
man,
that’s why they
wanted us
to stay
away.

but
we went back
to that house
and the bamboo
and the tame
goldfish.
we went back
many times
for many weeks
but we never
saw
or heard
the man
again.

the shades were
down
as always
and it was
quiet.

then one day
as we came back from
school
we saw the
house.

it had burned
down,
there was nothing
left,
just a smouldering
twisted black
foundation
and we went to
the fish pond
and there was
no water
in it
and the fat
orange goldfish
were dead
there,
drying out.

we went back to
my parents’ yard
and talked about
it
and decided that
our parents had
burned their
house down,
had killed
them
had killed the
goldfish
because it was
all too
beautiful,
even the bamboo
forest had
burned.

they had been
afraid of
the man with the
beautiful
eyes.

and
we were afraid
then
that
all throughout our lives
things like that
would
happen,
that nobody
wanted
anybody
to be
strong and
beautiful
like that,
that
others would never
allow it,
and that
many people
would have to
die.
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 26/10/2011, 23:16     +1   -1




sapessi fare altro in questa pazza dimensione
non girare invano all'interno di un discorso osseo
che privo di malanni mi dice il contrario...
arrivato solo alla fine
mi chiederò a cosa sia servito il suo falso aiuto
 
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view post Posted on 5/11/2011, 21:28     +1   +1   -1
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Maestro

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non so perchè mi venne in mente questa...forse colpa del tuo avtar di homer..i simpson ne fecero una parodia

il corvo

Mentre, debole e stanco, verso la mezzanotte

scorrea d’antico libro pagine strane e dotte

sonnecchiando, ad un tratto come un picchio ascoltai,

un lieve, un gentil picchio de la mia stanza all’uscio.

- E` qualcuno che picchia de la mia stanza all’uscio,

e non altro, – pensai.

Ricordo. Era il dicembre freddo, e ogni tizzo lento

si spegnea disegnando l’ombra sul pavimento.

Il dì solo anelavo – dacchè invano cercai

oblio nei libri al duolo per la morta Leonora –

per te, raggiante vergine, che in ciel chiaman Leonora,

e qui nome non hai.

E il triste incerto fremito de le rosse cortine

tema ignota e fantastica m’incutea senza fine,

sì che, a calmare i battiti del cuore, io mi levai;

indi: – E` qualcun che picchia de la mia stanza all’uscio,

qualcun che varcar vuole de la mia stanza l’uscio,

non altro, – mormorai.

Calmato allor lo spirito, senza esitare ancora:

- Da voi perdono imploro, signor – dissi – o signora;

ma il fatto è che dormivo, e voi pur piano assai

picchiaste, così lieve della mia stanza a l’uscio,

che avervi udito appena mi pare. – Ed aprii l’uscio;

ma sol bujo trovai.

Dubbio e timor nel bujo m’assalsero, e stupito

restai, sogni seguendo che mai uomo ha seguito;

ma ognor silenzio e tenebre intorno a me scrutai,

sol bisbigliossi un motto, il nome di Leonora!

Lo dissi io stesso, e l’eco rimormorò: Leonora!

Sol questo e nulla mai.

Tornando nella camera con lo spirito agitato,

ecco il picchio ripetersi d’un tratto e più spiccato.

- Oh! certo è a la finestra che battono, – esclamai, -

è là, su la persiana; scopriamo un tal mistero…

tregua un istante, o cuore; scopriamo un tal mistero…

Sarà il vento, – pensai.

A spalancar le imposte mossi, e, agitando l’ale,

entrò un bel corvo antico in aria trionfale.

Non fe’ saluto alcuno, arrestossi mai,

finché, come un padrone, posò lì sopra l’uscio,

di Pallade su un busto, proprio lì sopra a l’uscio.

Fermossi e l’osservai.

E allor lassù mirando quel nero uccello assiso,

il suo grave contegno mi diè lieve un sorriso.

- Rasa hai la cresta, – dissi, – ma un vinto non sarai.

Corvo spettral che vieni tristo dai regni bui,

parla, qual’ è il tuo nome, laggiù nei regni bui?

E il corvo: Non più mai!

Gran meraviglia io m’ebbi quell’uccello ad udire,

benché il motto sì incerto poco volesse dire;

ma pur quella fantastica parvenza io l’accettai,

poiché vedea l’uccello giù, al di sopra dell’uscio,

bestia o uccello, sul busto giù al di sopra dell’uscio,

col nome: Non più mai!

Ma non disse oltre il corvo, fermo sul busto e assorto,

come se pronunziando quel motto ei fosse morto.

Nulla s’intese, e alcuna piuma non mosse mai,

infin ch’io ripetei: – Altri fuggiron via;

ei pur n’andrà siccome le mie speranze via.

E l’uccello: Non mai!

Atterrito da l’arida risposta così adatta:

- Oh, senza dubbio – dissi – d’un corvo qui si tratta,

al quale un infelice padron stretto ne’ guai,

cantando con le lugubri nenie le sue meschine

speranze, in ritornello avrà insegnato alfine

quel triste: Non più mai!

E poiché l’alma al riso moveami ancor l’aspetto

del corvo, il seggiolone volsi a lui dirimpetto,

e tosto dietro a innumeri fantasie mi lanciai

per saper che volesse quel triste antico uccello,

quello sgraziato e magro, spettrale antico uccello

dir con il suo Non mai!

Così fantasticando stetti, senza parlare;

ma dai suoi occhi il cuore io mi sentia bruciare;

un pezzo stetti, e il capo sul velluto appoggiai

del sedil, che la lampada irradiava da l’alto,

la violacea stoffa irradiata da l’alto,

ch’Ella ha lasciato ormai.

Allor dei passi d’angeli udir mi parve e denso

L’aere intorno farsi d’indivisibile incenso.

- Malvagio, a mezzo d’angeli ti manda Iddio, – gridai –

riposo da le assidue memorie di Leonora;

bevi l’oblio, dimentica la perduta Leonora!

Disse il corvo: Non mai!

Profeta, – io feci, – e sempre tal, sia uccello o infido

spettro, ti spinga l’Erebo o la tempesta al lido, –

tu che su questa terra desolata ten vai,

per la mia tetra casa; dimmi schietto, t’imploro:

v’è pace almeno in Galaad?…dimmi, dimmi, t’imploro!

E il corvo: Non più mai!

Profeta – io ripetetti, – sia uccello o spettro errante –

Dimmi, pel Dio che adori, per quel ciel scintillante:

potrà in un Eden lunge l’anima triste assai

trovar la dolce vergine che chiamano Leonora,

la vergine che gli angeli ora chiaman Leonora?

Disse il corvo: Più mai!

Demone o uccello, parti, – proruppi allora, – ai boschi

torna, fra le tempeste, di Pluto ai regni foschi,

né una penna in ricordo di quel che detto or hai

resti! a la solitudine mi lascia, e sgombra via

dal busto! Oh, il becco levami dal core, e sgombra via!

Disse il corvo: Non mai!

E là, senza più muoversi, rimane esso a guardare,

fermo sul busto pallido, de l’uscio al limitare.

Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai

del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,

né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento

sarà libera mai!
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 10/11/2011, 15:30     +1   -1




Se per un istante Dio si dimenticherà che sono una marionetta di stoffa
e mi regalerà un pezzo di vita,
probabilmente non direi tutto quello che penso,
ma in definitiva penserei tutto quello che dico.
Darei valore alle cose, non per quello che valgono,
ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più,
andrei, quando gli altri si fermano,
starei sveglio, quando gli altri dormono,
ascolterei, quando gli altri parlano
e come gusterei un buon gelato al cioccolato!!
Se Dio mi regalasse un pezzo di vita, vestirei semplicemente,
mi sdraierei al sole lasciando scoperto non solamente il mio corpo
ma anche la mia anima.
Dio mio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e
aspetterei che si sciogliesse al sole.
Dipingerei con un sogno di Van Gogh sopra le stelle un poema di Benedetti e
una canzone di Serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna.
Irrigherei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle loro
spine e il carnoso bacio dei loro petali.
Dio mio, se io avessi un pezzo di vita non lascerei passare un solo giorno
senza dire alla gente che amo, che la amo.
Convincerei tutti gli uomini e le donne che sono i miei favoriti e vivrei
innamorato dell'amore.
Agli uomini proverei quanto sbagliano, a pensare che smettono di innamorarsi
quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi.
A un bambino gli darei le ali, ma lascerei che imparasse a volare da solo.
Agli anziani insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia
ma con la dimenticanza.
Tante cose ho imparato da voi, gli Uomini!
Ho imparato che tutto il mondo ama vivere sulla cima della montagna,
senza sapere che la vera felicità sta nel risalire la scarpata.
Ho imparato che quando un neonato stringe con il suo piccolo pugno, per la
prima volta, il dito di suo padre, lo tiene stretto per sempre.
Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardarne un altro dall'alto al
basso solamente quando deve aiutarlo ad alzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, ma realmente, non mi
serviranno a molto, perché quando mi metteranno dentro quella valigia,
infelicemente starò morendo.

Gabriel Garcia Marquez.
 
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L ory
view post Posted on 14/11/2011, 20:13     +1   -1




Luce
Buio
Chiaro
Scuro
Bianco
Nero
Vivo
Morto?
 
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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 20/11/2011, 13:57     +1   -1




Che noi si scriva, si parli o solo si sia visti
Rimaniamo evanescenti. E tutto il nostro essere
Non può in parola o in volto giammai trasmutarsi.
L'anima nostra è da noi immensamente lontana:
Per quanta forza si imprima in quei nostri pensieri,
Mostrando l'anime nostre con far da vetrinisti,
Indicibili i nostri cuori pur sempre rimangono.
Per quanto di noi si mostri continuiamo ignoti.
L'abisso tra le anime non può esser collegato
Da un miraggio della vista o da un volo del pensiero.
Nel profondo di noi stessi restiamo ancora celati
Quando al nostro pensiero dell'essere nostro parliamo.
Siamo i sogni di noi stessi, barlumi di anime,
E l'un per l'altro resta il sogno dell'altrui sogno.

(F. Pessoa)
 
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17 replies since 3/10/2011, 15:35   97 views
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