Pixies, una delle mie band preferite!

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Il Minchione Di Capital City
view post Posted on 3/12/2011, 17:17     +1   -1




I Pixies sono una delle band più importanti del movimento "indie" targato anni 80. Dalla loro originale mistura di garage-rock, hardcore e power-pop hanno preso l'abbrivio i Nirvana (come ammesso dallo stesso Cobain) e tante altre formazioni del decennio successivo. E le loro composizioni, solo apparentemente lineari, hanno segnato un significativo passo avanti nell'uso della forma-canzone nella storia del rock.

La nascita della band avviene nel 1986 quando il cantante Black Francis, alias Charles Thompson, incontra il chitarrista Joey Santiago a Porto Rico, dove entrambi studiano. I due decidono di abbandonare la scuola e di trasferirsi a Boston per formare una band. Con un annuncio sul giornale ("Cercasi bassista appassionato di Husker Du e Peter Paul & Mary") trovano la talentuosa Kim Deal, che porta con sé l'amico batterista, David Lovering. "Ottenni quel posto perché fui l'unica a rispondere all'annuncio", ricorderà Kim. Il quartetto comincia a spopolare nei piccoli locali di Boston con una curiosa miscela definita "noise pop" ("due terzi rumore, un terzo pop").

Ingaggiati dall'etichetta inglese 4AD, i Pixies esordiscono un anno dopo con l'Ep Come On Pilgrim, un lavoro ancora un po' acerbo, ma che mette subito in luce la vocazione della band all'autoironia e alla deturpazione dei linguaggi tradizionali del rock. I loro riferimenti sono le pantomime nevrotiche dei Pere Ubu, la frenesia esagitata di Violent Femmes, le cavalcate elettriche di Neil Young, ma anche i raga lisergici dei Velvet Underground e il rock abrasivo degli Stooges e del primo Bowie. Un background frullato e stravolto in canzoni acide e violente, in cui però è sempre presente un nucleo melodico. Ad aggiungere un tocco di stravaganza in più, i testi surreali, cantati in gergo "Spanglish". "Non lo facciamo per accattivarci il pubblico latino-americano - spiega Kim Deal -. E' che talvolta lo spagnolo suona più 'percussivo' e riesce a definire meglio quello che cerchiamo di dire". Dalle divagazioni messicane di "Vamos" e "Isla De Incanto" alla trascinante "Levitate Me", dalla blueseggiante "Nimrod's Son" alla convulsa "I've Been Tired", emerge un sound nuovo che, sviluppato nei due dischi successivi, segnerà indelebilmente lo stile-Pixies.

Il 1988 è l'anno della definitiva consacrazione con Surfer Rosa . Il disco, che raggiunge il primo posto delle classifiche indipendenti britanniche, viene celebrato dalla critica come uno degli ultimi capolavori del "post-punk" o come il manifesto di un nuovo "art-punk". Il sound di base è sempre il garage-rock, ma tutto è stravolto in un succedersi di riff distorti e ritmi spasmodici, ritornelli contagiosi e urla isteriche. "Bone Machine", ad esempio, è una progressione feroce tra dissonanze ed effetti ossessivi. Il boogie di "River Euphrates" e la demenziale "Oh My Golly" sono due gag irresistibili. La foga si fa sempre più esagitata: dall'incedere ska di "Something Against You" alla punkeggiante "Broken Face", dal voodoobilly di "Tony's Theme" alla ballata solenne di "Gigantic". Ma il vero inno del disco è "Where Is My Mind", una melodia acida e inquietante destinata a diventare uno dei loro cavalli di battaglia. La chiusura in chiave solenne, con "Caribou", dimostra che i Pixies hanno una certa dimestichezza anche con la psichedelia e che conoscono bene la lezione dei Velvet Underground. Disco sorprendente, dalle infinite sfaccettature, Surfer Rosa riesce a comprimere in ritornelli power-pop una palpitante tensione di fondo, a vestire di forme melodiche il fervore allucinato dell'hardcore.
Le canzoni dei Pixies nascono da un lavoro d'equipe: "Generalmente Charles comincia con un'accattivante progressione di accordi e noi cerchiamo di arrangiare il tutto. Se funziona, lo incidiamo", racconta Kim Deal. E sono per lo più canzoni brevi, nello stile dei Ramones e dei Sex Pistols: "Forse perché sono solo riff 'cattivi' e non si possono sopportare per più di due minuti", scherza Kim.

Proprio i riff più duri prendono il sopravvento in Doolittle (1989): dall'incedere selvaggio di "Debaser" al ritmo serrato di "Wave Of Mutilation", fino all'energia hard rock di "No 13 Baby" e "Gouge Away". Ma non mancano le solite gag demenziali ("Mr Grieves", "La La Love You") e i pezzi più melodici, da "Here Comes Your Man" a "There Goes My Gun". A segnare l'album, tuttavia, sono soprattutto le ballate stranianti di "Wave Of Mutilation" e "Monkey Go To Heaven". In equilibrio tra punk sfrenato e pop melodico, Doolittle segna il vertice della popolarità dei Pixies, consacrata dalle 150 date del "Sex and Death Tour" in giro per il mondo, dalla partecipazione al disco-tributo a Neil Young ("The Bridge") e dal titolo di "miglior gruppo dell'anno" tributato alla band americana dalla rivista Rolling Stone.
Ma dopo Doolittle inizia anche la parabola discendente della formazione bostoniana. Bossanova (1990) si tiene a galla sull'ouverture strumentale di "Cecilia Ann" e su un pugno di ritornelli efficaci ("Velouria", "Allison", "Dig For Fire", "Blown Away"), ma sembra aver perso gran parte della fantasia sfrenata che aveva caratterizzato i due lavori precedenti. Ancor più confuso è Trompe Le Monde (1991), interamente composto da Francis: si salvano solo l'accattivante "Alec Eiffel", la vibrante "U Mass", in stile Clash, e la surreale "Bird Dream Of The Olympus Moon". I Pixies sono giunti al capolinea: non basta l'invito ad aprire lo Zoo TV tour degli U2 a impedire lo scioglimento, che avviene nel 1992. In seguito, Frank Black intraprenderà una fortunata carriera solista, Santiago e Lovering formeranno i Martinis, mentre Kim Deal darà vita ai Breeders.
In bilico tra hardcore e acid-rock, punk e power-pop i Pixies hanno coniato un nuovo linguaggio rock, destinato a diventare, insieme a quello dei Sonic Youth, una vera miniera di idee per tutti i gruppi dell'alternative rock degli anni '90. Grazie a loro, l'energia primitiva del garage rock venne rielaborata in chiave post-moderna, con un dosato miscuglio di eccentricità intellettuale e alienazione metropolitana, anarchia latina e humour anglosassone.


 
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